Antichi
giochi greci
I Greci assegnavano ai giochi dei fanciulli, e quindi ai giocattoli un grande valore educativo, nonché religioso. Ciò spiega perché molti giocattoli ellenici siano veri e propri capolavori decorati da artisti celebri. Numerosi scrittori e poeti scrissero sui giochi: Cratete compose una commedia, purtroppo perduta, della quale conosciamo solo il titolo: “Paidai” che significa “Giochi infantili”. Durante le feste Antesterie, che duravano tre giorni, i bambini piccoli venivano “decorati” con ghirlande e ricevevano in dono dai genitori dei choes, cioè boccali, con raffigurazioni di giocattoli. I Greci praticavano un gioco noto anche agli Egiziani ed ai Romani: nascondevano in una mano un certo numero di noci, sassi, o mandorle, ed il compagno doveva indovinare se il numero fosse pari o dispari. Quello che segue e' un articolo tratto dal libro "Giochi e giocattoli nell'antichità" di Marco Fittà Sono stati rinvenuti in alcuni siti archeologici molti tavolieri da gioco anche se quasi sempre riferiscono a giochi a noi sconosciuti: a Epidauro ne sono state rinvenute varie , sia in legno sia in pietra, di grandi dimensioni (115 x 60 cm) risalenti al IV secolo a.C. Probabilmente erano consacrate a Esculapio, e forse servivano ai malati, ospiti dell'asklepiéion, per passare il tempo in attesa della guarigione. GIOCHI ATLETICI
PENTAGRAMMA Questo gioco deriva il suo nome dal fatto che ciascuno dei due avversari disponeva cinque pedine su cinque linee; una linea, detta sacra, divideva i due gruppi. IL GIOCO DELLA CITTA' In Grecia, il gioco della Città veniva praticato già nel V secolo a.C. e rimase in auge fino al II secolo d.C. circa. Si giocava su una tavola delimitata da linee che formavano caselle chiamate "città", con trenta pedine chiamate kua, quindici per ciascun giocatore, distinte dal diverso colore. DIAGRAMMISMOS
AKINE TINDA: Era un gioco in cui occorreva stare immobili sopportando le spinte degli avversari. Polluce non parla di spinte, ma solo di resistere senza muoversi. Potrebbe corrispondere al nostro gioco delle “Belle statuine”. COCCIO I ragazzi si ripartivano in due gruppi divisi da una linea tracciata sul terreno: una squadra si posizionava dalla parte in cui sorge il sole e l’altra dalla parte opposta. Una di loro lanciava una conchiglia o un coccio tinto di nero da una parte (detta nux) e di bianco dall’altra (detta emera) gridando: “giorno o notte”. Se la conchiglia cadeva dalla parte bianca l’altra fazione inseguiva gli avversari che non dovevano farsi prendere. Chi veniva preso era oltraggiato dai suoi compagni. GIOCO DELLA PENTOLA O KUTRINDA Uno dei giocatori era detto “pentola o marmitta” e sedeva in mezzo ai compagni che lo colpivano sulla schiena o sul capo girando intorno a lui finchè non riusciva, voltandosi, ad individuare e prendere l’autore dei colpi che a sua volta doveva fare da “pentola”. Vi erano poi alcuni giochi utili per affinare l’intelligenza dei ragazzi come quando essi gareggiavano tra loro ponendosi vicendevoli domande su piccoli problemi di ogni giorno. ROCCHETTI (YO-YO) Per gli archeologi i rocchetti sono tra i giocattoli più preziosi poichè celebri vasai come i pittori Pistoxenos e Pentesilea li decorano con scene mitologiche ispirate alla vita quotidiana. I rocchetti erano composti da due dischi piatti uniti al centro da un piccolo ponte cilindrico. Fissato un filo al ponte e arrotolato tutt’intorno, occorreva, trattenendo un’estremità, lasciarlo svolgere tutto ma, un attimo prima del termine della corsa, dando un abile colpo, riavvolgere lo spago al suo ponte, in senso opposto facendolo risalire verso l’alto. Venivano usati come giocattoli anche i poppatoi che dovevano, oltre che attirare l’attenzione mediante forme avvincenti (spesso animali soprattutto cagnolini e m aialini) anche con colori vivaci e con il rumore che, terminata la poppata gli stessi facevano: infatti, si inseriva al loro interno una pallina o un sassolino. GIOCO DEL CERCHIO
Esistevano presso i Greci tre giochi, quello dell’ “ippòs”, quello del “en Kotùle e quello dello “ephedrìsmòs” in tutti un ragazzo o una ragazza sta sulle spalle di un compagno (a cavalluccio ). L’ephedrìsmòs che è dipinto in moltissimi vasi, anfore e crateri, si giocava a squadre: il ragazzo che tiene il compagno sulle spalle è bendato ed un terzo guida l’amico indirizzandolo verso una pietra, ritta in piedi, da colpire. LE BAMBOLE IN GRECIA Le più antiche provengono dalla Beozia e risalgono alla seconda metà del VIII° secolo a.C. Il loro corpo è a forma di campana, frequentemente decorata con disegni geometrici accompagnati da figurazioni di animali (spesso pesci e uccelli). Gli artigiani costruttori di bambole in argilla erano chiamati coroplasti. La creta era un materiale frequentemente usato perché poco costoso, facilmente reperibile e che poteva essere decorato o dipinto in modo da rendere l’oggetto più realistico e attraente . La testa della bambola era spesso ornata da una corona, da un diadema e da ghirlande. Quelle più perfezionate avevano gambe e braccia snodabili, grazie a perni o fili di ferro passanti attraverso fori praticati negli arti. La ricerca di maggiore realismo indusse gli artigiani ad usare anche il legno, l’osso e l’avorio e a perfezionare il movimento snodando anche gomiti e ginocchia. Si possono distinguere due tipologie che fanno pensare a queste bambole come uscite da manifatture in serie. Le prime sono caratterizzate da capelli trattenuti da un alto copricapo detto “kolathos” indossano un chitone, tunichetta lunga fino ai fianchi, dove un perno passante permette la mobilità delle gambe. Le seconde raffigurano smilze giovinette con i capelli liberamente acconciati con un nastro; si differenziano per le giunture delle gambe, spostate più in basso verso il ginocchio, sempre rese possibili dall’impiego di perni metallici o fili passanti. Tali bambole venivano vendute nei mercati. COTTABO Era un gioco da salotto che si svolgeva durante i banchetti: consisteva nel colpire, con il vino rimasto sul fondo della coppa, un piatto fissato ad un’asta pronunciando il nome della persona amata. Se il gioco riusciva c’erano buone probabilità di successo nella seduzione amorosa. Anche in Grecia, come a Roma, erano diffusissimi, presso tutte le classi sociali, gli astragali. Il gioco più famoso era il “PENTELITHA” praticato soprattutto dalle ragazze. Si eseguiva come dice il nome con cinque astragali, pietruzze o sassolini che si mettevano sul palmo della mano, si lanciavano verso l’alto e con una rapida rotazione bisognava prenderli tutti cinque sul dorso della mano destra. Se ne cadeva qualcuno bisognava prenderli con le dita senza far cadere quelli già presi. GIOCHI D’AZZARDO In tutte le epoche e civiltà era stato vietato il gioco d’azzardo. Plutarco lo proibì e consigliò, per passare il tempo, di giocare alla “ PETTEIA”. I giochi d’azzardo erano numerosissimi, ma il più popolare era quello dei dadi. Sull’invenzione dei dadi, non si sa nulla, Platone lo attribuisce al Dio Thet, secondo Pausina l’inventore fu Palomede, un guerriero famoso per la sua intelligenza. Avevano sei facce, ognuna delle quali recava delle lettere. Vi erano dadi con sole quattro facce che sono la derivazione degli astragali, e sono stati ritrovati anche dadi che avevano lo stesso numero su due facce diverse. C’erano anche dadi figurati : famose le due coppie d’uomini seduti con punti segnati sulla schiena, l’addome, le braccia. Nel mese di dicembre, era permesso il gioco d’azzardo, in occasione dei Saturnali. Due mosaici provenienti da Daphne, in Antiochia, risalenti al 450 d.C. rappresentano due uomini seduti davanti a un tavolo sul quale è appoggiata una scacchiera; il giocatore di destra sta mettendo i dadi nella turricula posta su un lato del tavolo, un bussolotto molto particolare che serviva come contenitore di dadi. Costruito in ambra, del diametro di 5,6 cm, ha l’incavo mascherato da una piastra semovente per non far scoprire i piccoli dadi contenuti all’interno e, tenuto tra pollice e indice, funge appunto da bussolotto. Come per tutti i giochi d’azzardo, il vizio di barare fu una prerogativa costante dei dadi. Molti i sistemi usati : dal più semplice come leggere i punti alzandone o abbassandone il valore uscito secondo la propria convenienza, ai più sofisticati e complessi. Generalmente si giocava con tre dadi di terracotta le cui sei facce erano contrassegnate da una lettera. Il “colpo di Afrodite” era il tiro migliore in assoluto (cioè tre volte sei) mentre il colpo peggiore era il “colpo da cane” (tre volte uno). In Grecia c’erano perfino luoghi per giocare: il tempio di Atena Skira, da cui deriva la parola “SKIRAFEIA” , per indicare il ritrovo degli appassionati dell’azzardo, il secondo si trovava a Corinto presso la fontana di Pirene. I GIOCHI DEI GESTI COMANDATI Veniva fatto ai banchetti. Un re o una regina veniva eletto e doveva fare dei gesti che tutti dovevano imitare. Al primo che sbagliava venivano inflitte pene severissime tra cui danzare nudo e imprecare contro se stesso. IL GIOCO DELL’ASKOLIASMOS Era un gioco molto popolare che consisteva nel ballare con un piede solo, su un otre fatto di pelle di caprone unta e piena di vino. Chi stava in piedi per più tempo, vinceva l’otre . I CARRETTINI Come si mettevano le ruote agli animali giocattolo , cosi esistevano i veri carrettini a una, due, tre o quattro ruote. I più diffusi erano formati da una semplice asta alla quale venivano fissate due ruote. Questo genere di carrettino è chiaramente illustrato in una pittura vascolare proveniente dalla Magna Grecia in cui è raffigurato Eros con la madre Afrodite. Tra i carrettini c’è né uno molto elementare che anche i ragazzi riuscivano a fabbricarlo da soli utilizzando un bastone con una delle due estremità a forma di forcella, alla quale veniva fissata una sola ruota, questo gioco non consisteva nel portarsi solamente in giro il carrettino, ma, facevano delle gare di carrettino, questo gioco, i Greci lo chiamavano amaxis . I bambini della Antica Grecia, si divertivano con dei carretti, caricando un grosso grappolo d’uva e trasportandolo. C’erano molte diversità nella costruzione dei carretti. In un oinochoè, attiche conservate nel Allard Pierson Museum di Amsterdam, è raffigurato un carretto per portare un piccolo carico, e al British Museum di Londra, si può vedere un carretto adatto nel trasporti merci. Qualche padre o un abile artigiano, invece, fu in grado di costruire, per il trastullo dei propri e altri ragazzi , veri propri modellini molto simili a quelli utilizzati dagli aurighi per le corse circensi. |