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ANTICHI GIOCHI MEDIOEVALI

Nelle città italiane del XIII e XIV secolo veniva praticata un'ampia varietà di giochi di azzardo con i dadi o con altri strumenti e il piacere di giocare ispirava sempre nuove invenzioni; a tali giochi si aggiunsero, poi, quelli con le carte, altro grande divertimento ludico d'azzardo. Questi giochi appartenevano tutti alla categoria della pura fortuna, vale a dire alla categoria dei giochi proibiti nel periodo medioevale. Altri giochi, come gli scacchi, richiedevano invece una certa abilità; erano quindi permessi, purchè si praticassero in luoghi aperti, cioè nelle piazze e nelle strade. Si giocava dappertutto: logge, portici, crocicchi e soprattutto le piazze con i mercati erano i punti nevralgici dell'attività ludica; le case private, le botteghe, gli spazi semichiusi erano invece luoghi proibiti per giocare. Infatti, sia le autorità civili che ecclesiastiche si scagliavano contro il gioco d'azzardo; motivo di questo le frequenti liti, le risse, le frodi e le imprecazioni contro Dio che spesso si sentivano nei luoghi dove si giocava. Oltre a questo si voleva evitare la rovina di persone che al gioco perdevano ogni avere! 
Uno dei luoghi dove il gioco era più diffuso era la Taverna. Nelle maggiori città dell'epoca era solito trovarne diverse, ma esistevano anche le "taverne mobili", costituite da un carro, botti di vino, qualche sgabello, con il quale un oste si spostava da una fiera all'altra. Le insegne, dipinte sull'entrata, generalmente erano dedicate ad animali: Il Falco Bianco, il Falco d'Oro, Il Pavone, ecc. Grazie al vino, che scorreva a fiumi, le parole "volavano" libere; anche in questo caso, spesso legate al gioco dei dadi, le risse erano frequenti. 
Un certo numero di giochi e di sport in questione era riservato alla nobiltà. Fin dall’epoca dei Carolingi e, se si vuol risalire più lontani, fin dagli stessi tempi Gallici vennero dati, a scopo di divertimento, tornei primitivi che erano una specie di battaglie campali senza nessun odio dall’una e dall’altra parte.
I bambini giocavano con ciottoli, fili d’erba, conchiglie, che la loro immaginazione tramutava facilmente in biglie, servizietti di bambole, oppure con ciuffi di lino o di canapa con i quali costruivano bambole. Recuperavano doghe dalle botteghe, per fare cerchi e trasformavano in palloni i vasi di terracotta rubacchiati in cucina o le vesciche di porco che il padre regalava loro quando ammazzava i maiali. Gli artigiani realizzavano fischietti di terracotta a forma d’uccello e uccelli animati in metallo. Fabbricavano trottole e bambole con argilla o legno. Un altro giocattolo era il mulinello ad alette scolpito in una grossa noce o più elaborati piccoli mulini a vento realizzati dagli stessi bambini. Le figurine, erano in legno, terracotta o piombo e non avevano la morbidezza delle pellicce: le preferenze erano per il "peluches" in carne e ossa. Ai bambini si regalavano volentieri animali da compagnia invece, alle bambine, scoiattoli addomesticati o uccelli in gabbia. I giovani figli dell’aristocrazia preferiscono possedere un falco, che presto imparano ad addomesticare, invece i figli di alcuni castellani giocano con scimmie. I giochi di abilità erano fatti con animellas, cioè noccioli di frutta e ruellas (dischi lanciati il più lontano possibile). Il giocattolo viene utilizzato per indirizzare chi li usa alla loro futura professione o mestiere. I bambini stessi sono sensibili a questo carattere educativo del gioco e dei giocattoli: quando sono sulla spiaggia i futuri cavalieri costruiscono castelli di sabbia, mentre i bambini che sanno d'essere destinati alla vita religiosa costruiscono piuttosto delle abbazzie. A loro si regalano piccole lance, archi in miniatura, spade in legno e sempre il cavallo-bastone che si cavalca correndo. Classici regali per le bambine sono la canocchia in miniatura e un secchio per attingere l’acqua. Ai piccoli che vivevano nelle campagne venivano invece regalati trampoli, il carretto in legno miniaturizzato da trascinare nel cortile della fattoria e barche in miniatura scavate nel legno e munite di un foro a prua, per poterle tirare nei canali con l’aiuto di cordicelle. Giochi e giocattoli ricorrono in centinaia di manoscritti, affreschi e sculture: infatti la loro rappresentazione era assai apprezzata dai nobili che a partire dal XIV° secolo non esitano ad abbellire i propri castelli con argenti e tappezzerie aventi per soggetto il gioco dei bambini. 

I giochi generalmente si dividevano in: 
· Giostre 
· Torneo 
· Carosello 
· Pas d’Arme 
· Caccia 
· Caccia col falcone 
· Pallacorda 
· Soule 
· Calcio 
· Palio 
· Dadi 
· Carte 

RIFERIMENTI:
http://www.hermescuole.na.it/scuole/natferraris/pro_html/giochi/Giochi%20del%20Medioevo.htm
http://webspace.omniway.sm/asgs/gruppo_gioco_medioevale.htm
Medioevo, n° 6, Luglio '97 - De Agostini, 


FILETTO O MULINO


Questo è un gioco che ha origini molto antiche. I documenti ritrovati testimoniano la sua conoscenza da parte di svariati popoli fra cui Egizi, Greci, Irlandesi, Fenici e addirittura da popoli vichinghi situati in Norvegia. Questo gioco compare anche nel "Libro dei Giochi" di Alfonso X il Saggio, ma anche nel talmud "Sogno di una notte di mezza estate". Di Shakespeare. Il gioco del mulino è per due persone. Ognuno dispone di nove pedine, bianche e nere, che verranno messe sui 24 punti della scacchiera. Prima di giocare si tira a sorte la prima mossa. In un primo momento i giocatori devono disporre a turno ognuno dei loro nove pezzi su un punto libero della scacchiera. Poi, quando i pezzi sono stati posizionati, si spostano le pedine verso i punti adiacenti liberi. L’obiettivo del gioco è quello di formare dei "mulini" a file di tre pedine ("filetto"). Ogni volta che un giocatore completa un "mulino" toglie dal gioco un pezzo nemico.


BAMBOLE NEL MEDIOEVO


Esistevano differenti tipi di bambole, ognuna adatta ad una età diversa. Quelle destinate ai neonati erano poco costose, grossolanamente modellate nell’argilla, venivano riempite di biglie di terracotta e usate come sonagli. Le bambine di due o tre anni si divertono a fasciarle per questo motivo sono pervenute intatte fino a noi. In Italia si hanno notizie di bambole di legno a grandezza naturale, più manichini che balocchi, destinate a comparire nelle fiere. In un’epoca dominata dalla magia, c’erano pupe fatte con le radici delle mandragole. Altre di cera, forse portate in Europa dai crociati, servivano per oscuri incantesimi: secondo la fantasia popolare le bambole erano destinate a sconfiggere nemici durante le tenebrose messe nere.


I DADI


La parola romana alea, che significa dado a sei facce puntate da 1 a 6, perde nel medioevo il suo significato per divenire sinonimo di tabula ovvero gioco di fortuna ed abilità basato sull’uso di un tavoliere delle pedine e dei dadi è il Ludus Tabularum o gioco delle tavole.
Lo stesso Petrarca chiama il gioco delle tavole "de ludus aleae et calculorum"
Il medioevo conia una nuova parola derivata dal nome dell’osso del piede della zampa posteriore dell’agnello (Talus) questa parola è TAXILLUS il dado medioevale!


LA ZARA


Possiamo dire che il suo nome ricorre ancora nei nostri discorsi ogni volta che parliamo di giochi di fortuna.

Gioco d’azzardo
azzardum
zardum
zarrum
ZARA


Per gioco della zara (ludus azarj) servono tre dadi a 6 facce ed un tavolo piano (e molti soldi da perdere perché ci si giocava anche le mutande); durante il gioco il giocatore di turno chiama un numero e vince se la somma dei tre dadi lanciati è pari al numero chiamato "suum numerum invocavit" (Petrarca) "Io chiamavo cotal numero che era ragionevole a dover venir" (Jacopo della Lana).
Le puntate potevano esser fatte poggiando i soldi sui numeri scritti sul tavolo come in una moderna roulette; a seconda delle combinazioni uscite i giocatori pronunciavano le parole AZAR PUNCTUM PARTIA o altre ancora che spesso servivano a mascherare il gioco stesso, sempre proibito, alle orecchie attente degli ufficiali giudiziariL’offiziale ha da procedere "si audierit aliquem ipsorum dicere AZAR vel PUNCTUM vel PARTIA vel simil verbia" (Statuto alessandrino e già dal XIV sec.)
Ora siccome con tre dadi le combinazioni che si possono manifestare in un solo modo quindi più raramente sono 1 , 4 , 17 ,18 queste venivano chiamate AZARI e non computate nel gioco "In tre dadi si è tre lo minore numero che vi sia.
E non può venire, se non in un modo, 
cioè quando ciascun dado viene in asso. 
Quattro non può venire in tre dadi, se non in uno modo, 
cioè: uno in due e due in asso. 
E però che questi numeri non possono venire, se non per uno modo per volta, 
per schifare fastidio, e per non aspettare troppo, 
non sono computati nel giocho e sono appellati azari. 
Lo simile di 17 e 18"
Jacopo della Lana

Che la parola zara rappresentasse la combinazione sfavorevole lo si può desumere anche dall’antichissimo proverbio
"zara a chi tocca"


IL SOZUM

Molto semplicemente il vincitore era colui che con tre dadi faceva il numero più alto


LA MURBIOLA 


Identico alla zara solo al posto dei numeri vi potevano essere delle figure riportate anche su delle carte su cui si puntava il denaro


IL MISTERO


Non è possibile ricostruire con precisione le regole con cui si giocava alle tavole e non perchè il gioco non sia nominato un’infinità di volte: negli statuti medievali per proibirlo e nelle prediche francescane dell’ordine dei mendicanti per condannarne la pratica, solo perché di un simil gioco praticato da tutti in una infinità di varianti non si è mai giudicato utile o necessario darne le regole.
gli unici indizi che abbiamo sono affreschi dell’epoca
Monastero di Lecceto vicino SIENA - "Opere dei Demoni"
"Si vedono due uomini a mensa, le tavole la coprono completamente.
A sinistra sta’ il perdente: i tre dadi caddero in modo, che la sua perdita è diventata probabile, anzi sicura.
Per tal ragione egli è sorto in piedi, esacerbato dalla mossa inaspettata;
egli afferra il vincitore per la gola, stendendo il braccio in modo che la tavola resta interamente visibile.
Il vincitore sta seduto e pare spaventato.
Si distinguono bene da ambidue le parti cinque file di pedine, e la loro somma fà trenta,quindici per parte e la prima fila del vincitore è chiusa mentre quella del perdente è aperta."
Le pedine dunque non si levano via dal tavoliere ma a seconda di come cadono i dadi cambiano di posto
Gli statuti medioevali non considerano dapprima le tavole come gioco d’azzardo limitandosi ad imporre l’uso di tutte le pedine "cum omnibus tabulis" questo per evitare che le pedine non usate , poste ai bordi del tavoliere, lasciassero spazio ai dadi per il gioco della zara.


LO SBARAGLINO O TAVOLA REALE


E’ a tutti gli effetti l’unica variante del gioco delle tavole arrivata fino a noi e di sicura origine medioevale
"giuoco di tavola con due dadi e trenta pedine su tavoliere con frecce rosse e bianche in cui vincitore è colui che sgombra per primo il campo dalle proprie pedine"


LA TROTTOLA


Tipico gioco da ragazzi in cui una trottola di legno veniva fatta rotolare tramite un pezzo di corda legato ad una impugnatura di legno (abbiamo indagato tra i nostri genitori ed abbiamo scoperto che le loro trottole avevano punte di ferro e che il ragazzo la cui trottola rimaneva in piedi più a lungo aveva diritto di percuotere con la punta della sua trottola le trottole degli altri, una trottola priva di ammaccature testimoniava così il trottoliere più abile).
Nelle mani di un adulto la trottola diviene gioco d’azzardo: egli tracciava un cerchio a terra e faceva scommettere sulla sua capacita di mantenervi all’interno la sua trottola in rotazione. 


GLI OSSETTI


Altro gioco molto antico, per i fanciulli nel periodo pasquale, consisteva nel procurarsi un certo numero di garretti di agnello imbiancati, nel porne uno sul dorso della mano e gli altri a terra; lanciato in aria il primo si doveva racoglierne un altro da terra e riprendere questo al volo: si proseguiva poi così con due ossetti in aria, poi tre quattro etc.
Si amava scommettere anche su questo.


I GIOCHI CON LA PALLA


Questi fioriscono numerosissimi sia per ragazzi che per adulti, assumendo in questi casi spesso carattere violento.
Abbiamo quindi una specie di hokey giocato con palle di cuoio e mazze di legno ( e le mazze non percuotevano solo la palla e quasi mai si trattava di errori involontari)
Fra i giochi per bambini ricordiamo l’analogo di quello da noi chiamato "muretto", in cui a turno si lanciava la palla contro un muro con l’intento di impedire all’avversario di riprenderla. 


LA RUZZOLA


Prendete una stringa di corda piatta, una forma di formaggio durissimo oppure un tondo di legno, arrotolate la stringa attorno al diametro del formaggio e lanciatela davanti a voi per farla rotolare; questa era la ruzzola in cui vinceva, lungo le strade del paese, chi arrivava più lontano. 


PALETTI, PIASTRELLE, BIRILLI, CONI, PALLOTTOLE


Con questi nomi venivano chiamati i giochi di abilita consistenti nel lancio di oggetti quali oggi potrebbero essere le bocce o il lancio di ferri di cavallo.
Vogliamo ricordarne uno in particolare: LA LIPPA consistente nel percuotere su di una estremità un bastone appoggiato a terra con un bastone più lungo e per poi lanciarlo, colpendolo di nuovo in aria, il più lontano possibile. 


IL GIOCO NELLE PAROLE DEI POETI

Quando si parte ‘l gioco della zara 
Colui che perde, si riman dolente, 
Ripetendo le volte, e tristo impara; Con l’altro se ne va tutta la gente:
Qual va dinanzi e qual dietro il prende,
E qual da lato li si reca a mente:
Ei non s’arresta, e questo e quello intende;
A cui porge la man più non fa pressa
E così dalla calca si difende
Tal ero io in quella turba spessa........
DANTE purg. VI ,1

 


"Il Fortarrigo, dormendo l’Angiulieri, se n’ando in su la taverna, e quivi, alquanto avendo bevuto, cominciò con alcuni a giuocare, li quali in poca d’ora, alcuni denari che egli aveva avendogli vinti, similmente quanti panni egli aveva indosso gli vinsero;..... "
BOCCACCIO Decamerone IX ,4
Questi passi ci danno un’indicazione importantissima: non già di vizio si tratta il gioco di fortuna ma di passione che travolgeva tutti i ceti: i ricchi come i poveri con una forza ed un radicamento che giustificano a pieno i fallimenti degli sforzi fatti in più secoli per combatterlo.
"la gola e ‘l giuoco,
la taverna e il dado,
l’ho fatto con loro un parentado"

 

OSTE
"Occi anche poi per più vostro sollazzo
un tavolier coi dadi e colle carte
mettete a vostro modo il corpo a guazzo
chè per darvi piacer ciò tutte l’arte" 
"Or che tu t’hai tutti e’ danar giuocati
però lo stare al mondo si ti duole"